Da: https://www.sollevazione.it/2022/12/25-9-il-potere-logora-chi-non-ce-lha-di-f-doricchi.html?fbclid=IwAR0caCYPeqsAOLWXd8KKKCK-AzHiCOKp60xo9wzoT2C6lkGPpqKREzN08Bo
Sono passati ormai più di due mesi dal voto del 25/9/2022 e, ora a mente fredda, è doveroso soffermarci tanto sull’analisi delle cause più manifeste della débacle dei partiti presentatisi come anti-sistema, ovvero quelli che ambivano a raccogliere consenso nel mondo dei vessati degli ultimi due anni, quanto sulle dinamiche sviluppatesi susseguentemente alla tornata elettorale.
È importante sviluppare il ragionamento su due piani, quello qualitativo, che sfocia necessariamente nel mondo delle ipotesi, ma con radici che vogliono piantarsi salde nel terreno della logica, e quello quantitativo, con una più matematica e fattuale analisi dai numeri. Partiremo dal secondo dei due aspetti, per poi concludere con il primo.
Di seguito riportiamo un grafico che sintetizza in maniera inequivocabile la figura emersa e raramente riportata, ovvero il peso dei partiti e dell’astensione rispetto all’elettorato e non soltanto ai votanti.
Risulta lampante come ci si trovi dinanzi a due grandi blocchi: quello dell’astensione e quello composto da tutti i partiti saldamente incastonati nel sistema neoliberista e organici alle sue diverse manifestazioni, tra cui in primis l’europeismo, sebbene più o meno ipocritamente critico, e l’atlantismo, mai messo in discussione.
In questo scenario, che non esitiamo a definire catastrofico per coloro i quali rifiutano il totalitarismo neoliberista, si posizionano quei partiti, autodefinitisi “anti-sistema”, presentatisi alle elezioni cavalcando l’onda, ormai piatta, della battaglia alle misure politiche di gestione criminogena della pandemia e contrastando la partecipazione dell’Italia al conflitto russo-statunitense (per tramite ucraino ed europeo), aggiungendo un pizzico di antieuropeismo più doveroso che convinto. Le forze, se possiamo definirle tali, sono state votate, sommate, dal 3,3% dell’elettorato, che significa un 5% rapportandolo all’affluenza registrata il 25/9/2022. Quest’ultimo dato, seppur esiguo, avrebbe significato poter entrare nelle istituzioni e portare avanti un’azione politica. La scelta dei leader degli stessi partiti si è rivelata completamente miope e presuntuosa, in quanto è stato completamente sottovalutato l’effetto repulsivo della frammentazione nei confronti dell’elettorato: probabilmente, il cosiddetto mondo del dissenso, unito, avrebbe potuto raggiungere un risultato anche superiore al 5%, in quanto è facilmente intuibile che una maggiore possibilità di superare la soglia di sbarramento avrebbe prodotto due effetti moltiplicatori:
1. Chiamare alle urne elettori che non avrebbero votato partiti di sistema, ma che hanno rinunciato al voto allontanati dalla lotta intestina tra i leader(ini) dei partiti(ni) anti-sistema
2. “Rubare” una porzione di voti che sono andati a Fratelli d’Italia, in quanto partito percepito come il più anti tra quelli di sistema, essendosi collocato all’opposizione durante il Governo Draghi
Il risultato effettivo ottenuto è stato, pertanto, il seguente:
La tabella fotografa la sintesi del fallimento e dell’irrilevanza di quei partiti personali, che, guidati da sedicenti leader, si sono percepiti molto più rilevanti di quanto realmente valgono presi singolarmente, in un esercizio di autocelebrazione ed esaltazione delle rispettive identità, tanto fiero quanto fallimentare.
I dati mostrano in maniera analitica e matematica come unire quelle basi che condividono larghissima parte della analisi e delle proposte debba rappresentare un primo, indispensabile e fondamentale passo, ma che poi necessariamente ne dovranno seguire altri. In primis, il mondo del dissenso dovrà iniziare a ragionare da mondo del dissenso, definire una sua visione del mondo alternativa a quella neoliberista, solida ideologicamente e sostenibile nell’applicazione, ricorrendo a tutte le migliori intelligenze e competenze a disposizione. In secondo luogo, dovrà dimostrare enorme maturità politica, accettando la sfida di creare un partito di massa, capace di accettare il dibattito interno, evidenziare le identità e le diversità, gestendole non con la frammentazione, ma con il dibattito e con la politica. È inevitabile tale passaggio per poter poi arrivare, solidi, credibili e risoluti, a convincere quell’elettorato, che per abitudine o mancanza di alternative, si trova a ogni elezione a scegliere tra partiti fondamentalmente identici, distinguibili solo per le loro posizioni in argomenti divisivi come quelli dei flussi migratori, dei diritti civili e dei temi etici. Anche su questi, chi ambisce a cambiare il mondo, non potrà esimersi da prendere una posizione propriamente argomentata: solo accettando la sfida di governare il presente, in tutti i suoi aspetti, con una lungimirante visione del futuro si potranno condurre le masse ad un benessere reale, differentemente dall’illusione impostaci negli ultimi 40 anni dal neoliberismo elitario, ipocrita, nemico dei popoli.